"Annunciazione" è un'opera di Beato Angelico ed è probabilmente la terza di una serie di tre grandi tavole dell'Annunciazione da lui dipinte negli anni trenta del Quattrocento. Le altre due sono "l'Annunciazione di Cortona" e "l'Annunciazione di San Giovanni Valdarno". L'opera venne dipinta per il convento di San Domenico dove egli stesso era frate ed era una delle tre grandi pale d'altare che decoravano la chiesa, con la Pala di Fiesole sull'altare maggiore e l'Incoronazione della Vergine del Louvre, la pala, una volta terminata e poi ceduta, entrò nelle collezioni reali della monarchia spagnola.
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Fra Giovanni da Fiesole, al secolo Guido di Piero, noto come Beato Angelico, nacque a Vicchio di Mugello (Firenze) nel 1400 e morì a Roma nel 1455.
Egli iniziò ad essere attivo come pittore dal 1417, ma entrò nel convento di San Domenico di Fiesole solo nel 1420. Nel 1437 intraprende l'opera di affrescare alcuni ambienti del convento di San Marco a firenze, essi saranno poi portati a termine da Michelozzo. Tra il 1446 e il 1449 lo troviamo a Roma per volere dello stesso papa Eugenio IV e nel 1449 viene chiamato a ricoprire la carica di priore del convento di san Domenico a Fiesole (incarico che lo impegnerà fino al 1452). Egli venne definito per la prima volta "Angelico" nel 1467, mentre il soprannome "Beato" gli venne attribuito nel 1481 dallo storico e umanista fiorentino Cristoforo Landino, entrambi fanno riferimento alla sua irreprensibile condotta morale e alla sua abilità di riuscire a far convivere nelle sue opere la tradizione del Gotico internazionale e l'innovazione rinascimentale. "[...] semplice uomo, e santissimo ne' suoi costumi", capace di dipingere santi che "[...]hanno più aria e somiglianza di Santi, che quelli di chiunque altro". (Giorgio Vasari, riferendosi a Beato Angelico) https://www.youtube.com/watch?v=Us3u5VJ4Ayw (video riassuntivo della vita e dello stile di Beato Angelico) La cappella Brancacci è situata nella chiesa del Carmine a Firenze e fu commissionata da Pietro Brancacci, esponente di una delle famiglie più potenti di Firenze nel 1386. Un discendente di Pietro, nel 1423, in memoria del suo antenato, incaricò Masaccio e Masolino di affrescarla con storie tratte dalla vita di san Pietro. I lavori furono condotti in collaborazione dai due maestri fino al 1425, anno in cui Masolino partì per l’Ungheria. Masaccio ha lavorato a questi affreschi, senza completarli, fino alla sua morte. I lavori furono poi portati a termine molti anni dopo da Filippino Lippi.
La prima immagine raffigura la parte di affresco attribuita a Masolino, ma ci sono elementi che possono essere attribuiti a Masaccio, per cui appare probabile che sia stato realizzato a più mani. La scena rappresenta contemporaneamente due episodi. Sul lato sinistro è rappresentata la «guarigione dello zoppo», sul lato destro «la resurrezione di Tabita», pertanto san Pietro vi appare rappresentato contemporaneamente due volte, tuttavia la scena ci appare fortemente unitaria soprattutto per la maestria con la quale è costruito lo spazio di rappresentazione. La scena viene immaginata in uno spazio urbano che ha l’aspetto delle città toscane del tempo, costruito secondo una rigorosa prospettiva centrale, attribuibile a Masaccio. E' certamente di Masolino la coppia di figure posta al centro, realizzate secondo uno stile ancora tardo gotico. In particolare, la figura, con il turbante rosso in testa, ha un vestito con una decorazione di grande preziosità ma di assoluto effetto bidimensionale, secondo un gusto estetico più proprio a quello tardo gotico e non rinascimentale. Nella seconda immagine è rappresentato il miracolo del tributo. Gesù e i suoi apostoli, per attraversare un ponte, dovevano pagare un pedaggio, non avendo denaro, Cristo disse a Pietro di pescare un pesce dal fiume, egli lo fece e nella bocca del pesce trovò la moneta necessaria a pagare il tributo per poter passare. Anche qui si tratta di un’immagine sincrona. San Pietro viene raffigurato tre volte: nel gruppo degli apostoli, a sinistra che pesca il pesce dal fiume, a destra che dà al doganiere la moneta pescata. Anche il doganiere viene rappresentato due volte: prima che ferma il gruppo degli apostoli per chiedere il pagamento del dazio, poi quando riceve da san Pietro la moneta. La scena si svolge all’aperto, l'unica architettura che compare nella scena è l’edificio posto sulla destra che contribuisce a dare un senso di profondità all'immagine, ma Masaccio riesce a costruire la prospettiva utilizzando i personaggi, infatti a dominare la scena sono Gesù e gli apostoli, rappresentati secondo le regole della prospettiva. Essi hanno le teste tutte allineate sulla stessa linea, segno quindi che l’ipotetico osservatore è alla loro stessa altezza. Osservando però i piedi si vede come questi trovino diversa posizione sul piano orizzontale, e conseguentemente anche la loro altezza varia. In ciò è rispettata quella legge fondamentale della prospettiva, in base alla quale le persone ci appaiono tanto più grande quanto più ci sono vicine, ciò sovverte completamente la prospettiva gerarchica medievale. Quindi afferma il primato della visione, privilegiando la razionalità della rappresentazione obiettiva della realtà ai valori simbolici dei contenuti dell’immagine. Masaccio e Masolino da Panicale, Affreschi nella Cappella Brancacci, 1424-28, Chiesa del Carmine, Firenze https://www.youtube.com/watch?v=9iHUkbKxrQw (documentario Cappella Brancacci) Il polittico di Pisa era in origine una pala destinata alla chiesa di San Carmine, ma fu smembrata nel corso del '600 e non tutti i pannelli sono giunti fino a noi e quelli superstiti si trovano sparsi in vari musei del mondo.
La tavola centrale era quella della "Madonna in trono con il Bambino e quattro angeli", attualmente a Londra. La figura della Vergine mette in evidenza la propria fisicità con un panneggio pesante e sapientemente chiaroscurato e non è rappresentata secondo i canoni tradizionali che la volevano giovane e leggiadra, al contrario ha un volto stanco e segnato, tale approfondimento psicologico è da attribuirsi alla frequentazione di Masaccio con Donatello. Il Bambino mangia un acino d'uva, allusione al vino, ovvero al simbolo eucaristico del sangue di Gesù, ciò evidenzia la natura umana di Cristo. Il trono ha una struttura prospetticamente rigorosa, ma anche innovativa, basti notare la presenza delle colonnine appartenenti ai diversi ordini. Masaccio, Madonna in trono con il Bambino e quattro angeli, 1426, tempera e oro su tavola, 134,8x73,5 cm, Londra, Natn Sant'Anna Metterza (1424/25) è l'opera che segna l'inizio di una lunga e fruttuosa collaborazione tra Masaccio e Masolino. Essa è una pala d'altare commissionata per la chiesa di Sant'Ambrogio (Firenze) da una ricca famiglia di tessitori fiorentini, i Bonamici, infatti il drappo dispiegato dai tre angeli sulla spalliera del trono sarebbe la riproduzione si uno specifico tipo di stoffa prodotta esclusivamente da tale casata. Il dipinto rappresenta la Madonna in trono con il Bambino e il terzo personaggio è Sant'Anna, madre di Maria, (per questo il nome "Metterza") e intorno sono disposti cinque angeli. A Masolino sono attribuiti Sant'Anna e quattro angeli, mentre a Masaccio la Madonna con il Bambino e l'angelo reggicortina a destra. Tale collaborazione e realizzazione a due mani risulta evidente da palesi differenze stilistiche e artistiche tra i due pittori, infatti Masaccio realizza figure con un proprio volume e assai naturali, mentre Masolino tenta di approcciarsi a uno studio del vero e ad imitare la concretezza del collega, ma non riesce a sortire pienamente l'effetto desiderato. Pala di Sant'Anna Metterza, Masolino, Masaccio, 1425, tempera e oro su tavola, 175x103cm, Firenze, Galleria degli Uffizi Tommaso di San Giovanni di Móne Cassài, detto Masaccio, nasce a San Giovanni Valdarno nel 1401. Giorgio Vasari spiega che tale soprannome era dovuto alla "straccuratàggine" del pittore, il quale era assorbito a tal punto dalla sua attività e dal suo fervore creativo, da trascurare tutto il resto. La sua formazione artistica avvenne a Firenze, infatti sappiamo che egli era iscritto come pittore all'Arte dei Medici e degli Speziali.
Si recò anche a Pisa e a Roma per portare a termine numerose opere a lui commissionate. Muore a Roma nel 1428. Egli concepì una pittura profondamente innovativa, infatti fu il primo, dopo il periodo di massimo splendore del Gotico internazionale, a produrre delle opere assai verosimili, senza l'idealizzazione tipicamente gotica. Infatti tutti i personaggi "masacceschi" sono dotati di un proprio volume e occupano uno spazio reale, inoltre egli compie su di essi un processo di introspezione e approfondimento psicologico e vengono introdotti all'interno di paesaggi, architetture o città prospetticamente esatti. Tommaso di ser Giovanni Cassai (Masaccio) · Autoritratto (da San Pietro in cattedra) · 1423-27 · Cappella Brancacci · Firenze |