La composizione dell opera è molto equilibrata, infatti all'ambiente chiuso a sinistra corrisponde a destra un ambiente aperto suddivisi da una colonna del tempio dentro cui si svolge la Flagellazione di Cristo.
Le due parti del dipinto sono unite dalla stessa tecnica prospettica (prospettiva lineare), vi è un solo punto di vista centrale e tale unità è raggiunta mediante la realizzazione di un unico punto di fuga.
Il senso della profondità è suggerito principalmente dall’architettura classica resa in prospettiva:le linee della pavimentazione, degli edifici e delle cornici corrono tutte verso il punto di fuga, che si trova molto vicino al centro del dipinto. Grazie alla prospettiva, quindi, le figure poste in lontananza assumono dimensioni più piccole, rigorosamente corrette rispetto sia a quelle in primo piano, sia a quelle degli edifici, delle porte e delle colonne con cui sono in stretto rapporto.
All'interno di questo spazio, ci sono due diverse fonti di luce, essa cade sulle figure in primo piano da sinistra, ma colpisce la scena della flagellazione da destra. Il colore è steso in maniera precisa e minuziosa.
Nell'opera vi sono due distinti gruppi di personaggi, tre davanti in primo piano e cinque ad una certa distanza all'interno di un'architettura di tipo classico.
Il gruppo più distante è riconducibile alla flagellazione di Cristo. Sui gradini del trono si legge la firma dell'autore in lettere capitali romane: "OPVS PETRI DE BVRGO S[AN]C[T]I SEPVLCRI."
Due colonne scanalate inquadrano la scena e quella a destra determina una linea divisoria tra ambiente interno ed esterno. Dietro ai personaggi in primo piano, si vede un palazzo di epoca trecentesca o quattrocentesca e una torre.
Sostanzialmente è una rappresentazione figurativa statica e solenne in cui il rapporto tra le due scene è temporale.
L'episodio biblico della flagellazione di Cristo è in secondo piano e nello spazio pricipale vi sono tre figure che sembra non abbiano nulla a che vedere con con la Passione.
All'inizio del XIX sec. il giovane biondo al centro fu identificato con Oddantonio da Montefeltro, primo duca di Urbino e fratellastro del duca Federico, gli uomini accanto a lui come i suoi malvagi consiglieri e il quadro come un omaggio da parte di Federico da Montefeltro alla memoria dell'assassinio nel 1444 del giovane duca, reso simile pertanto alla Flagellazione. Alcuni studiosi hanno però negato che l'opera sia metafora di un avvenimento storico legato alla corte di Urbino, ma sia legato comunque all'episodio evangelico e quindi anche i personaggi in primo piano siano attori secondari della Passione di Cristo: Giuda che restituisce i denari del tradimento ai sacerdoti o semplicemente la discussione tra un soldato, un pagano e Giuseppe d'Arimatea.
Un'altra interpretazione vede nella Flagellazione un'allusione della caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi nel 1453. Le tre figure in primo piano sarebbero quindi alcuni dei partecipanti al concilio di Mantova del 1459 che intendevano accordarsi per organizzare una crociata, voluta da Papa Pio II e mai partita, che liberasse la città.
La Flagellazione simboleggerebbe così la travagliata condizione della Chiesa dopo la caduta di Costantinopoli e un'antica scritta presente sulla tavola "Convenerunt in unum "e oggi non più leggibile sarebbe un riferimento al Salmo che ha come tema la Passione di Cristo, ma anche l'alleanza che le potenze occidentali strinsero per fronteggiare l'avanzata turca.
Un'ulteriore interpretazione di quest'opera vuole che la tavola simboleggi la caduta di Bisanzio del 1453 in mano ai turchi; Ponzio Pilato, seduto sul trono, rappresenterebbe l'imperatore bizantino Giovanni Paleologo che assiste inerme alla flagellazione di Cristo-Bisanzio da parte del sultano turco, mentre i personaggi in primo piano sarebbero il cardinal Bessarione che accompagna al Concilio del 1438 l'erede al trono di Bisanzio, Tommaso Paleologo per chiedere aiuto ai principi latini d'Europa, rappresentati da Niccolò d'Este.
Piero della Francesca, Flagellazione, 1455, tempera su tavola, 58,4x81,5 cm, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino
Le due parti del dipinto sono unite dalla stessa tecnica prospettica (prospettiva lineare), vi è un solo punto di vista centrale e tale unità è raggiunta mediante la realizzazione di un unico punto di fuga.
Il senso della profondità è suggerito principalmente dall’architettura classica resa in prospettiva:le linee della pavimentazione, degli edifici e delle cornici corrono tutte verso il punto di fuga, che si trova molto vicino al centro del dipinto. Grazie alla prospettiva, quindi, le figure poste in lontananza assumono dimensioni più piccole, rigorosamente corrette rispetto sia a quelle in primo piano, sia a quelle degli edifici, delle porte e delle colonne con cui sono in stretto rapporto.
All'interno di questo spazio, ci sono due diverse fonti di luce, essa cade sulle figure in primo piano da sinistra, ma colpisce la scena della flagellazione da destra. Il colore è steso in maniera precisa e minuziosa.
Nell'opera vi sono due distinti gruppi di personaggi, tre davanti in primo piano e cinque ad una certa distanza all'interno di un'architettura di tipo classico.
Il gruppo più distante è riconducibile alla flagellazione di Cristo. Sui gradini del trono si legge la firma dell'autore in lettere capitali romane: "OPVS PETRI DE BVRGO S[AN]C[T]I SEPVLCRI."
Due colonne scanalate inquadrano la scena e quella a destra determina una linea divisoria tra ambiente interno ed esterno. Dietro ai personaggi in primo piano, si vede un palazzo di epoca trecentesca o quattrocentesca e una torre.
Sostanzialmente è una rappresentazione figurativa statica e solenne in cui il rapporto tra le due scene è temporale.
L'episodio biblico della flagellazione di Cristo è in secondo piano e nello spazio pricipale vi sono tre figure che sembra non abbiano nulla a che vedere con con la Passione.
All'inizio del XIX sec. il giovane biondo al centro fu identificato con Oddantonio da Montefeltro, primo duca di Urbino e fratellastro del duca Federico, gli uomini accanto a lui come i suoi malvagi consiglieri e il quadro come un omaggio da parte di Federico da Montefeltro alla memoria dell'assassinio nel 1444 del giovane duca, reso simile pertanto alla Flagellazione. Alcuni studiosi hanno però negato che l'opera sia metafora di un avvenimento storico legato alla corte di Urbino, ma sia legato comunque all'episodio evangelico e quindi anche i personaggi in primo piano siano attori secondari della Passione di Cristo: Giuda che restituisce i denari del tradimento ai sacerdoti o semplicemente la discussione tra un soldato, un pagano e Giuseppe d'Arimatea.
Un'altra interpretazione vede nella Flagellazione un'allusione della caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi nel 1453. Le tre figure in primo piano sarebbero quindi alcuni dei partecipanti al concilio di Mantova del 1459 che intendevano accordarsi per organizzare una crociata, voluta da Papa Pio II e mai partita, che liberasse la città.
La Flagellazione simboleggerebbe così la travagliata condizione della Chiesa dopo la caduta di Costantinopoli e un'antica scritta presente sulla tavola "Convenerunt in unum "e oggi non più leggibile sarebbe un riferimento al Salmo che ha come tema la Passione di Cristo, ma anche l'alleanza che le potenze occidentali strinsero per fronteggiare l'avanzata turca.
Un'ulteriore interpretazione di quest'opera vuole che la tavola simboleggi la caduta di Bisanzio del 1453 in mano ai turchi; Ponzio Pilato, seduto sul trono, rappresenterebbe l'imperatore bizantino Giovanni Paleologo che assiste inerme alla flagellazione di Cristo-Bisanzio da parte del sultano turco, mentre i personaggi in primo piano sarebbero il cardinal Bessarione che accompagna al Concilio del 1438 l'erede al trono di Bisanzio, Tommaso Paleologo per chiedere aiuto ai principi latini d'Europa, rappresentati da Niccolò d'Este.
Piero della Francesca, Flagellazione, 1455, tempera su tavola, 58,4x81,5 cm, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino